domenica 17 ottobre 2010

Strade


Presagi

La strada di qualcuno assomiglia ad un cammino accidentato, in cui ogni passo presupporrebbe misurato calcolo, superamento dell' ostacolo -la cui mole è così poderosa da nascondere la vista del percorso successivo-, ripresa in salita con frequenti frane e cadute.

Se per alcuni crescere, divenire, esistere, assomiglia al beccheggio di un' imbarcazione sopra un mare relativamente calmo,  per altri, infatti, ciò è un po' paragonabile  alla sfida cui costringe un' erta di montagna che a tratti mozza il fiato e procura crisi di vertigine...

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Per me è sempre stato così: una strada dissestata. Sono mio malgrado una viandante, simile -ma sempre mio malgrado- a Knulp, il vagabondo, a cui Dio ha affidato il compito di girare il mondo e di "recare ai sedentari un po' di nostalgia di libertà".

Si può viaggiare da fermi, seduti allo scrittoio, o contemplando un orizzonte da dietro il vetro di una finestra.

Proust racconta di come, da bambino, avesse provato compassione per la sorte del biblico patriarca Noè, costretto recluso nella sua arca per un  tempo estenuantemente lungo in attesa che defluissero le acque, ma sostiene poi, sopravvenuta la saggezza dell' età adulta, di non aver mai viaggiato e conosciuto gli uomini così tanto quanto durante i lunghi mesi  trascorsi rinchiuso nella sua stanza di malato.

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Tra i numerosi sentieri delle Alte vie dolomitiche che ho percorso, ne ricordo uno che consente di attraversare le Pale di S. Martino attraverso un passo non agevole - ed anzi piuttosto ostico- che si dice Passo delle Farangole, a quasi 3000 mt di altitudine.

Genziana - [fotobrax]

Lassù l' aria è gelida, vi si incanalano correnti subdole e sferzanti e le pareti rocciose nude e grigie, oltreché viscide ed umide, sembrano barriera che respinga. Prima di arrivarci è d' uopo arrancare con impegno, causa la pendenza e la riottosità del terreno, stringendo la fune d' acciaio al fine di conquistare gli ultimi passi senza retrocedere. Se c' è neve e s' infittisce la nebbia, che possono sorprendere anche in settembre, la fune, a tratti, pare scomparire.

Al culmine lo scenario è unico e favoloso e non esiste modo diverso per guadagnarne la vista se non quello descritto: la fatica dell' ascesa. Ogni appassionato camminatore lo sa e se lo ripete come un mantra quando le sue condizioni fisiche non sono ottimali e prova dolore.

Lo si può raggiungere da punti di partenza diversi, presupponendo tempi piu o meno lunghi di marcia: ricordo che quel giorno -giacchè non pernotto mai in rifugi- ho camminato per nove ore consecutive quasi esclusivamente in salita. Arrivata al Rifugio Volpi al Mulaz - successiva mèta-, però, che pur si situa in posizione amena, la vera gratificazione stava già alle mie spalle.

Era già avvenuta nell' andare, tutta ormai evaporata con il sudore trasudato.
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Forse una delle differenze principali tra gli uomini è questa: qualcuno va,  qualcuno sta, ma, ovunque tu la conduca, la tua anima impara soltanto ciò che già sapeva...

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