sabato 14 maggio 2011

Forse c'è.

Come si fa a gestire le troppe macerie di una vita? Paiono voler tumulare definitivamente quel po' di energia vitale rimasta dopo innumerevoli tenzoni con gli spettrali mulini a vento.
Quanto è  presuntuosa l' alta considerazione di sé che riesce a trascinare con inaudita veemenza elementi idealistici sulla pietrosa realtà, con il risultato che i mulinelli di sabbia che dal terrestre deserto il vento ottuso delle consuetudini e delle forme ammesse solleva, li soffoca e li mortifica, vanificandoli ed aggiungendo al già pesante fardello di un cammino, di fatto, lontano dalla propria autentica natura, ulteriore schiacciante peso!

Come diceva quel maledetto da Dio e dagli uomini? Diceva così:
"... puoi pure non crederci ma c’è della gente che attraversa la vita con molto poco attrito o angoscia. Vestono bene, mangiano bene, dormono bene. Sono soddisfatti della loro vita familiare. Hanno momenti di dolore ma tutto sommato nessuno li disturba e spesso stanno decisamente bene. E quando muoiono è una morte facile, solitamente nel sonno. Puoi pure non crederci ma la gente così esiste. Anche se io non sono uno di loro. Eh no, io non sono uno di loro..." (Charles Bukowski)
C' è colpa grave nell' essere ciò che si è?

Che altro può fare una piccola  donna stanca e disillusa, che pensava di dover gestire la sua vita in odor di coerenza, se non proseguire con andatura sempre più bislacca perché ciò che sembrava soltanto ieri chiaro e giusto -secondo la sua idea di giustizia-, oggi non ha più né contorni né vie, né approdi? E' in trappola: questo è evidente. Sinapsi ed ipotesi ed ansia di completezza sono la rete del suo recinto di filo spinato.
Resistere, quindi essere, sì; l' ha già detto, l' ha già scritto. Non dice e non scrive altro: ha il pallino di cercare sempre i noccioli delle cose. Scava e gratta, come un cane da tartufo, per scovare nuovi noccioli sotterrati. Che il più delle volte sono amari, anzi amarissimi. E la rendono odiosa ai suoi simili. E' presunzione, questa? Lei non sa più dirlo. Lei la sente come una naturale necessità. Non s' ha forse da conoscere sé stessi e rispettare la propria natura? O la si deve conciliare con qualche dettame da chissà chi approvato?

Ognuno ha il proprio personale tempio, la sua tiepida ed ospitale segreta religione, una fiaccola, anche minuscola, da portare al braciere in cui arde, anche soltanto per sé, una fiamma di significato.
Una volta smarriti o dimenticati i motivi della corsa, non si è che tedofori falliti ed inutili.

La piccola donna pensa di non essere affatto Giobbe, né di aver avuto mai un Dio che l' abbia messa alla prova, dandole modo, se non altro, di farle constatare d' essersi avveduto della sua esistenza.
Ma non si sta lamentando, crogiolata in un narcisismo che tutti gli altri narcisisti in incognito della Terra -mascherati da filantropi- non aspettano che di addebitarle; no, lei non si lamenta e di solito sorride. Quel che la donna fa è un semplice tentativo di comprendere il meccanismo della sua vita, provando a darle un senso. Capire, ad esempio, perché così tante circostanze -quasi tutte- congiurino contro la riuscita dei suoi piani.
Perché, ad esempio, quando offre amicizia l' altro si aspetti passione o assistenza e, non ottenendola, l' abbandoni; perché suo figlio vivo si comporti come un figlio morto; perché chi dice di amarla la voglia diversa; perché non le sia possibile qualche momento di riposo, magari sporadico, per dimenticarsi, per dimenticare.
Forse il Destino c'è.







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