mercoledì 31 agosto 2011

Disincanto

Il pensiero originale è finito: nessuno potrà mai più né evocarlo, né accollarsene una futura paternità. Rimane l' esercizio più o meno scaltro del plagio oppure, al massimo, un tentativo di critica, anch' essa in forte odore di condizionamento inconsapevole.
Forse, allora, è finito anche l' Uomo, versa in uno stallo avvilente, mentre incombe il prossimo buio.
Rimangono i suoi ancestrali ormoni. Sono sbrigativi e rozzi: vanno diretti agli scopi. E la sua velleitaria malattia inguaribile di sciorinatore di parole fugaci che gonfiano il suo amor proprio non potrà comunque nutrirlo in eterno.
La notte, solo, rabbrividisce in silenzio, cercando di ripescare nella memoria gli antichi concetti su cui tanto ha sproloquiato: Amore, Bene, Male, Vita.

Eppure, "... dimmi, Agathe, qualche volta non ti vola via il cuore?"  ( C. Baudelaire)


martedì 30 agosto 2011

Apostoli del nulla.

Stasera lo shock m' è arrivato da gruppi di ragazzette quattordici-quindicenni, frequentanti una zona del parco cittadino dedicato al caduto negli anni di piombo  Alfredo Albanese ,  denominata -con una certa mancanza di fantasia- "teatro Agorà".

Io potrei essere sbrigativamente definita un' atea, pur possedendo una mia religiosità figurativa profonda e tutta civile e, pertanto, la faccenda dovrebbe, oggettivamente, lasciarmi indifferente. Ma non funziono così: le sfumature sono molto più potenti di qualsiasi sintesi.

Sentire quello stuolo di ragazzine dai corpicini un po' esili ed ancora acerbi, senza massa muscolare matura,  voci argentine e fluenti capelli, aspetto generale gentile e volti che non abbisognano d' altro se non d'acqua e sapone, bestemmiare selvaggiamente come marinai marsigliesi in un crescendo ed un rimbalzo da gruppo a gruppo con la disinvoltura di chi si scambia semplici saluti di cortesia od in allegria, mi ha dato una sensazione di repentino bagno di ghiaccio fin dentro le ossa.
Questi pischelletti paiono tutti usciti dal set de "L'Esorcista": vomitano una tale quantità di volgari intercalari anti-sacramentali,  con tali e stravaganti variazioni, e con tale disinvoltura, da far accapponar la pelle.

Dubito che il mio sia un retaggio moralistico inconsapevole: è, piuttosto, un freddo disagio, come presagio di definitiva di-sperazione.
Sono franati irrimediabilmente ed in sincronia perfetta linguaggio e generico rispetto.

Leggere Viaggio al termine della notte di Louis Ferdinand Céline, con la terribile dolcezza che ogni bestemmia rivolta a Dio sottende, tocca corde ipersensibili dell' anima e trascina in profondità così perdute e rabbiose da consentire poi un' emersione di sentimenti depurati, purgati, anelanti a compassione, a nuovo Amore. Per l' Uomo e per la nobile fatica di sostenere anche il pensiero più insostenibile, l' esistenza più crudele, la realtà più bruciante e folle.

Ma queste stupidelle, questi giovinastri, con i loro dispositivucci tecnologici sempre in una mano che lanciano bagliori verde-acido nella notte e non s' avvedono delle stellate d' agosto, quale diritto hanno di banalizzare per esigenze modaiole ciò che,  sia profano, sia sacro,  contiene comunque un significato?
Apostoli del nulla.

domenica 28 agosto 2011

L' abbaino

Sono le 22 e 38 e me ne sto nel mio terrazzino metropolitano, al buio, con il portatile sulle ginocchia, per meglio fingere di stare, invece, nell' agognato abbaino di un paese qualsiasi purché diverso da ogni altro già conosciuto.
Io sono una che favoleggia sugli abbaini, da sempre, ed immagino che l' attrazione sia costituita da quel loro fascino indiscutibilmente bohémein, in cui pare si forgi ogni ispirazione artistica.
In realtà l' abbaino è terribilmente romantico -con quanto di velleitario, intimistico e perciò egocentrico, e talvolta infantile, l' aggettivo reca con sé-, ma ne sono perfettamente consapevole, ed io lo lascio licenziosamente comparire nei miei sogni ad occhi aperti anche per non consentire alla ormai consolidata adulta razionalità ed al disincanto della maturità di obnubilare interamente le escursioni dell' immaginazione.

Di solito nell' abbaino fantastico su conversazioni.
Mi immagino di provare delizia nel fare discorsi giusti con persone giuste, in un piccolo ambiente arredato con sobria eleganza.
Insomma: sogno un eden dialettico in cui ogni concetto espresso, o semplice pensiero guizzante, viene immediatamente compreso e decodificato dall' altro senza storture, in perfetta e facile empatia.
Il massimo del piacere sta nella reciproca consapevolezza di vedere arrivare a destinazione in perfetta integrità il messaggio.

***
Favoleggiavo dunque, tra me e me, di salotti felici, quando ho notato, sul  piazzale del marciapiede opposto qui davanti, una sequenza di incontri e comportamenti che mi hanno riportato alla reale sostanza di certi rapporti infraumani e sociali, per di più giovanili.

Ci sono tre ragazzi, poco più o poco meno che diciottenni, che ciondolano senza far nulla di preciso in un' area che non supera i quattro metri. Sono altissimi, come la maggioranza dei giovani d' oggi, cosa che conferisce loro un aspetto allampanato e goffo: quelle lunghe gambe, quelle lunghe braccia... dove metterle, che farsene? Parlano nulla, tra di loro; ogni tanto, laconica, una battuta con velleità di spiritosaggine su cui sghignazzare senza troppa convinzione.
Aspettano qualcosa.
Arrivano, in sequenza, con stridore di gomme, un altro giovane su scooter ed altri tre ragazzi a bordo di un' utilitaria.
Poco più in là stava una ragazza, sola, dall' aspetto semplice e un po' timido, che li raggiunge.
Il gruppetto continua a ciondolare a vuoto -pochissime battute stentate, risatine forzate-, la ragazza non la calcola nessuno e ciononostante rimane lì, come una statua, senza aprir bocca.
Fino a che, dal bagagliaio dell' auto emergono bottiglie colorate. "Han cambiato scelta", penso, "l' ultima volta sulla panchina del parco, i tre nascondevano nello zaino il Martini Bianco" .
Mi pare di riconoscere quelle vodka insaporite alla frutta che la macchina pubblicitaria presenta come seducente e fresco beverone alcoolico estivo che coloro che stan sempre a far feste sulle terrazze degli attici in mise da sera tengono disinvoltamente e  perennemente in mano, tra ammiccamenti vari ed atmosfera di perfetta intesa: un clima da "vacanze romane" restaurato e moderno che dà la misura di ciò che si possa definire star bene ed essere à la page: è 'il divertimento'.
Si passano le bottiglie e bevono tutti, compresa la ragazza, dando frequenti e lunghe sorsate. Una, due, tre, quattro volte, e ancora, ancora, ancora...
La conversazione -prima praticamente assente- comincia ad ingranare, nel senso che aumentano sia la frequenza delle battute, sia il tono di voce.
La ragazza, evidentemente un po' più precaria sulle gambe, si siede sul sedile di destra dell' auto, tenendo la portiera aperta, continuando a sorseggiare dalla sua bottiglietta gialla. Qualcuno le rivolge anche la parola ... insomma, 'parola', ...: un bisbiglio, un atto di relazione, un' ammissione di presa di coscienza della sua esistenza...
"Cielo", penso, "quella roba avrà minimo 25-30 gradi, con quest' afa..."

Quando lo sballo è sufficientemente ingranato salgono in due auto (una era già da prima parcheggiata) e partono con sgommata verso non so dove -forse la Jesolana, dove annualmente i ragazzi di notte si sfracellano o finiscono nei canali di barena-, con frastuono di cattiva musica e finestrini aperti.

Com' è che mi fa tristezza...

***

Torno nel mio abbaino, a trastullarmi con le forse non inutili fantasie di un' adulta che ha perso tutte le rivoluzioni -d' accordo-, ma che la durezza e la tristezza delle disillusioni non hanno comunque cambiato.
Stante ciò che vedo, nella vita è la resistenza che fa la differenza.


giovedì 25 agosto 2011

Verità eternamente iscritte nella natura delle cose

Sembrerebbe possibile immaginare, a seguito della piega che sta prendendo l' economia globale, che presto potremmo parlare tutti di ricostruzione. come s' è dovuto fare alla fine di ogni guerra dopo aver seppellito vittime e speranze, pur senza riuscire a dimenticare in alcun modo l' orrore passato.

Se il socialismo realizzato e già storicamente sperimentato non piace ai più, il capitalismo -dal canto suo- comincia anch' esso a declinare, data la sua inesorabile attitudine all' implosione causata dall' accumulo di sperequazione sociale e défaillance sempre più ingovernabili nella gestione finanziaria.

***

Ho vari e circostanziabili motivi per detestare il capitale, il più pregnante dei quali è che le sue logiche sono, semplicemente, fatte per un' umanità noiosa ed annoiata di nuovi androidi, divoratrice nel contempo di cose e di sé medesima, sorde a qualunque velleità umanistica -cioè realmente attinente alla nostra natura- e conseguentemente incapaci di svelare bellezza e meraviglia della vita.
Che se ne vada in malora non m' importa nulla: era abbastanza prevedibile.

***

L' uomo, potenzialmente, sapeva già tutto quanto. La sua smemoratezza ha avuto, ha, ed avrà un prezzo salato.

 
***

"La politica non è quasi mai considerata come un' arte di qualità tanto elevata. Ma questo avviene perché si è presa l' abitudine, da secoli, di considerarla solo e prevalentemente come la tecnica per l' acquisto e la conservazione del potere.
Ma il potere non è fine a sé stesso. Per natura, per essenza, per definizione, è solo un mezzo. Sta alla politica come il pianoforte sta alla composizione musicale.
[...]
Disgraziati che siamo: avevamo scambiato la fabbricazione di un pianoforte con la composizione di una sonata."
(Simone Weil, La prima radice)

lunedì 22 agosto 2011

Indifference




Sarà così
sarà così lasciare la vita?
Onde che non ti bagnano
e gli altri cavalcano
mentre serri nel pugno il tuo mucchietto di sale?

domenica 21 agosto 2011

Anatema 5 - I cattivi vecchi, gli aggressivi

                                                

Un vecchio e un bambino si preser per mano
e andarono insieme incontro alla sera;
la polvere rossa si alzava lontano
e il sole brillava di luce non vera...

L' immensa pianura sembrava arrivare
fin dove l'occhio di un uomo poteva guardare
e tutto d' intorno non c'era nessuno:
solo il tetro contorno di torri di fumo...

I due camminavano, il giorno cadeva,
il vecchio parlava e piano piangeva:
con l' anima assente, con gli occhi bagnati,
seguiva il ricordo di miti passati...

I vecchi subiscon le ingiurie degli anni,
non sanno distinguere il vero dai sogni,
i vecchi non sanno, nel loro pensiero,
distinguer nei sogni il falso dal vero...

E il vecchio diceva, guardando lontano:
"Immagina questo coperto di grano,
immagina i frutti e immagina i fiori
e pensa alle voci e pensa ai colori

e in questa pianura, fin dove si perde,
crescevano gli alberi e tutto era verde,
cadeva la pioggia, segnavano i soli
il ritmo dell' uomo e delle stagioni..."

Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante:
"Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!"

( Francesco Guccini, Un vecchio e un bambino)


" [...]
Movesi il vecchierel canuto et biancho
del dolce loco ov’à sua età fornita
et da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;

indi trahendo poi l’antiquo fianco
per l’extreme giornate di sua vita,
quanto piú pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, et dal camino stanco;

et viene a Roma, seguendo ’l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassú nel ciel vedere spera:
[...]
(Petrarca, Il canzoniere)

"[...]
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
E' la vita mortale.

[...]"

(Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante)


***


Mah, sono tutte immagini poetiche e belle, ammantate di una certa mestizia, oppure anche ispiranti un sentimento di sottile venerazione.
Sì: la vecchiaia, in poesia, è sempre venerabile, non foss' altro che per l' immediata similitudine con la fragilità e la debolezza umane -così evidenti nel nostro declino- che ci muovono alla pietà per noi stessi: sentirci protettivi ed infinitamente buoni verso il vecchierello canuto e bianco e stanco è anche un modo per esorcizzare la nostra angoscia di poter ben presto assomigliargli.
La considerazione della vecchiaia mi pare viaggi su un' idea memetica, in fondo, molto amata in letteratura, che la riveste anche di un certo ammanto di saggezza.


Friedrich- Le età dell' uomo



Ed infatti io, come molti altri, provo viva tenerezza alla vista di vecchietti curvi e tremanti ed acuto dispiacere se li so abbandonati a sé stessi nella solitudine; muto rispetto all' ascolto delle vicissitudini di un' esistenza sfortunata e difficile ma che non ha tolto loro il coraggio di sorridere ancora al prossimo; umiltà nel caso in cui l' anziano dimostri un' imperituro interesse per la conoscenza e dispensi ad altri la sua seppur parziale saggezza.

Ma i vecchi della realtà non rientrano tutti in una di quelle categorie. Quello in cui mi sono imbattuta stamattina portando Neve a spasso lungo il Viale degli orti, ad esempio, è scorbutico, gretto, odioso e cattivo.
Questi suole fare esercizio di camminata tutti i giorni alle dieci con il bastone tenuto con la mano destra ed una sveglietta da comodino nella mano sinistra. Immagino che la marcia mattutina sia prescrizione medica. Percorre e ripercorre con grande concentrazione ed a ritmo sostenuto il Viale per il tot di tempo (probabilmente) raccomandatogli. Ha l' aspetto tonico e sano, è un po' corpulento ma non obeso, la testa alta, lo sguardo inespressivo ed il resto del mondo gli è totalmente indifferente: pur incrociando continuamente le stesse persone, alcune delle quali con i loro cagnolini (al fondo di quel Viale esiste un' area cani in cui questi possono circolare finalmente senza guinzaglio), non degna nessuno del minimo sguardo né, men che meno, risponde all' eventuale "buongiorno" a lui indirizzato dalle più civili.
Si dà il caso, però, che  Neve (cucciola di soli sei mesi, 20 cm al garrese) nel mentre incrociavamo il nonnino-musone-egocentrico, abbia visto avanzare in direzione opposta un suo piccolo amico a quattrozampe e ciò l' abbia resa così felice da cercare di raggiungerlo precipitosamente e festosamente.
Essendo trattenuta dal guinzaglio, il suo è rimasto un movimento soltanto ideale, che, tradotto nella pratica, equivale ad un contemporaneo "ARF-ARF!"-linguetta fuori-scodinzolìo allegretto.
Il vecchio s'è spaventato lo stesso, la sua vetusta amigdala, sollecitata dall' istinto irrazionale della paura, l' ha allertato inutilmente, e la sua risposta è stata immediata e di una sgradevolezza abnorme.
"Varda che te dago 'na bastonada, sa!" (Guarda che ti dò una bastonata, sai!).
L' ho ignorato, compiangendo la sua triste acredine.
Poi, però, dato il suo avanti-indietro compulsivo, l' abbiamo incrociato nuovamente.
E lui, carico di odio, ancora, ha insistito nelle minacce di violenza, rincarando la dose ed augurandosi l' estinzione di tutti i canidi e dei loro proprietari.
Questa volta ho dovuto -ahilui- rispondergli a tono, pur se con grande disagio: non uso, generalmente, ricorrere ai diverbi, mi disgustano in generale e più che mai se con un anziano.

L' aggressività è senz' altro un' importante dotazione umana, che evoluzione e cultura ci hanno insegnato a moderare e gestire nei rapporti con gli altri.
Ora, io credo che se un individuo non l' ha imparato in età senile, con ampia probabilità dev' essere stato una persona gretta, dispotica e forse pure violenta da giovane, ed il mio obbligo di rispetto -che non dev' essere prona sopportazione- verrà meno.

Ed il meme va a farsi friggere... 
 

venerdì 19 agosto 2011

Anatema 4 - gli insultanti, i banali, gli umorali, i risentiti, i maleducati, i vili, gli infantili, gli accozzagliatori, i piaggi

Capaci di mutar opinione in modo straordinariamente rapido, oggi ti 'amano' - e te lo scrivono e te lo dicono-, e domani ti detestano e ti evitano come la peste -senza osare però dirti nulla: sono spesso anche vili-, fino ad incorrere nella maleducazione più cafona: sono gli umorali ed i risentiti, quelli che ti sognavano in un modo -un modo perfettamente  aderente al loro stesso modo d' essere- perché ciò che loro abbisognava non era che l' ennesimo specchio di Narciso. In realtà costoro -anche quando si spacciano, neppure tanto velatamente, se non addirittura spudoratamente, per anime nobili- s' industriano solo ed esclusivamente a cercare nuovi pretesti per replicare sé stessi o nutrire il loro amor proprio, ma, consapevoli che ciò ha una certa connotazione un po' sordida ed ambendo invece alla spocchiosa aura di 'nobiltà sentimentale o intellettuale', non lo confesserebbero mai -e neppure sotto tortura- a sè stessi.
Non è necessariamente in campo sentimentale che gli umorali/risentiti rivelano la loro natura: essi esercitano la loro indole in ogni campo dei rapporti infraumani e comunque sia sociali, né vale una discriminazione di genere, o d' età. I narcisisti stanno dimostrando una propagazione simile a quelle virali resistenti.
Generalmente hanno scarsissimo senso critico, come sempre accade a chi caracolla su idee un po' fragili, o mutuate, o estetizzanti -spesso pesantemente moralistiche-, perché la critica presuppone apertura e loro, invece, meschini, si sono blindati inesorabilmente in un universo che si esaurisce tutto nel ragliante pronome "io".
Bene: non li riconosco immediatamente, ma, fatalmente, li riconoscerò. Dopodiché avranno la mia completa indifferenza e continueranno a godere dei tributi infantili della loro platea, che in genere è molto nutrita e propensa alla piaggeria.

Scagliare l' anatema contro gli insultanti è fin troppo facile.
Li abbiamo attualmente al governo e l' insulto è l' indice dell' infimo livello della politica del Paese da sempre.
Dal "boia chi molla" di mussoliniana memoria, l' andamento dell' insulto ha assunto progressivamente  nuove e più colorite forme, dentro e fuori il Parlamento, nelle platee mediatiche, per la strada, sui palchi elettorali, nei giornali.
L' insulto è sempre l' ultima spiaggia della comunicazione, ne sancisce il completo fallimento, indica una reazione rabbiosa istintuale e svela gli aspetti più ferini e triviali dell' animo umano. E' una forma di uccisione simbolica dell' altro, la risposta delle 'vie basse' del cervello umano alla frustrazione ed al risentimento, in grado di fornire un estemporaneo sollievo, ma totalmente inefficace nella dialettica delle parti.
Beh, ... la 'dialettica': è un concetto talmente lontano dalla politica nazionale da essere considerato termine desueto.
Eppure, una politica seria è, innanzitutto, dialettica.

Come ogni altro rapporto tra umani.
Sarà per questo che trovo il web molto spesso frustrante. Nella maggior parte dei blog il webmaster ha un ingombrante ego da gestire, talmente grande da far sfumare il senso recondito dello scrivere e pubblicizzare opinioni e pensieri.
Quando egli diventa un 'accozzagliatore' generico di altri sistemi nervosi con il fine di fidelizzare i suoi lettori a prescindere dalle loro nature e gode dell' incremento del numero, dovrebbe ricordare che la quantità spesso avversa la qualità e l' ansia del compiacimento abbassa il valore in assoluto dei contenuti.

D' altronde, l' aula in cui insegnava Shopenhauer era desolatamente vuota e davanti a quella di Hegel gli studentelli facevano la fila.

"Non posso certo sottrarmi in alcun modo ai difetti e alle debolezze inerenti per necessità alla mia natura come a ciascun'altra: ma non li accrescerò con indegni compromessi."




martedì 16 agosto 2011

Il mantra dei semini di mela

Arnold Böcklin - Autoritratto con la morte che suona il violino [1872]
(foto di Galleria di Gandalf su Flickr.)
Se non la si guarda regolarmente suonare il violino del tempo appoggiata al nostro omero, lo srotolarsi progressivo del  percorso di vita sarà per buona parte oscurato dall' ombra e privo di profonda consapevolezza in grado di ispirare azioni e pensieri,  ma se con troppa morbosità il pensiero stesso si avvezza ad indugiarvi, fino a crogiolarvisi come un miraggio di pace -se pur al caro prezzo di sopportare quella sensazione di tuffo nell' orrore a livello del plesso solare-, ogni scelta od azione assumono il carattere della vanità e della vacuità.

Ma vivere -io sento- non è vano, non è vacuo, non foss' altro che per l' immane dispendio di energie cui costringe.
Il piacere che mi proviene dal mormorìo armonioso e costante dell' universo è restituito al mondo per rinnovare la sua Bellezza e rinsaldarne il ricordo nei momenti più duri: voglio credere che un sorriso tributato ad un mio simile gli migliori la giornata e che egli poi, in qualche altro suo modo, trasmetta a sua volta positività o utilità in altri.

Solo, l' udito e la focalizzazione dell' armonia cosmica dovranno essere scrupolosamente affinati perché, quando ci accade il dolore,  ogni cellula pare rifiutare ciò che allora giudichiamo la ridicola prosopopea bigotta di quel "la vita è bella".
Ciononostante, in un corpo relativamente (anche molto relativamente) sano, preferiamo quasi sempre vivere. Noi siamo una specie meravigliosamente contraddittoria.

Morire è una certezza, ma vivere è la scoperta, l' avventura. E' un concetto su cui abbarbicarsi come lichene. Speranza.

***

Mia sorella ed io siam figlie di depressi, a loro volta congiunti di depressi e suicidi. Così, per via di un sospetto determinismo biologico, abbiamo molte volte teorizzato sui semini di mela essiccati che -a detta di uno studente di chimica industriale di nostra conoscenza-  opportunamente trattati, producono un veleno mortale di sicuro effetto.
Ora i semini  sono la nostra potente cura antidepressiva: non costano nulla, non serve prescrizione, si preparano da sé, sono disponibili tutto l' anno, e, soprattutto, sono esilaranti: il suono della sola parola ci mette allegria come successe a colui che infine uscì a riveder le stelle.
Noi il nostro mantra l' abbiamo creato e personalizzato e per ora funziona.

"Mo'  (sarei io-ndr), tu non sai che cosa ha combinato quel cocainomane del mio nuovo datore di lavoro, oggi. Non sai l' umiliazione. Ci ha sbattute fuori, tutte noi dipendenti, dall' ufficio, gridando come un pazzo. Ti rendi conto? L' intero edificio l' ha sentito urlare ed inveire. Noi non sapevamo dove andare: non c' è che il nulla in quella zona industriale. Ci siamo rifugiate al bar e tutti i presenti, dipendenti di altri uffici  dello stabile, ci guardavano con compassione, senza dir nulla. Che vergogna. Che vita di merda. Per uno schifosissimo stipendiuccio da impiegata. Non è giusto subire sempre, subire tutto. Non ce la faccio più. Che vita di merda..."

"Cri (che sarebbe lei-ndr), non ti disperare. Vado a spellare semini di mela, dolce, non  disperare..."

***



lunedì 15 agosto 2011

Ne quid nimis?

Natura e virtù: il centro dell' universo umano, senza le quali esso si perderebbe in una vastità cosmica capace di annullarlo.
Forse è vero che "Il saggio è pieno di gioia, ilare e placido, senza turbamenti, vive come gli dei", ma è altrettanto vero che la moderazione, viatico per la serenità e la saggezza, non è sempre ciò che precisamente vogliamo quando le nostre energie vitali ci solleticano e ci seducono.
In realtà noi approdiamo a quella massima della sapienza greca del tempio di Delfi  'Ne quid nimis' ("Niente di troppo") quando esse iniziano ad illanguidire ed accusano stanchezza, ma fin che in noi arde il fuoco sacro che alimenta la natura stessa, continuiamo a preferire il rischio di un' eventuale sofferenza pur di inseguire una promessa d' amore, una passione, od un trionfo dell' immaginazione.

***

La mia serenità sta nell' offrirmi al mio destino, che se nel particolare Dio solo sa dove mi porti, nel generale è il destino di tutti gli uomini: venire trascinati comunque dalla stessa forza che muove l' universo intero, quest' organismo vivo in cui ogni vita, perfino la mia piccola vita di donna metropolitana che digita un post notturno mentre la luna quasi piena sovrasta, interagisce con la vita di tutti e tutto semplicemente essendoci.

Ecco che il limite del 'troppo' si sbriciola, perché quest' esistere è immisurabile e smisurato, e la mia capacità d' amare è enorme, forse pure infinita, purché sappia essere, specularmente, intesa ed accolta dalle anime affini.

***


"Chi ha sentito una gioia immensa scoprendo in una radura un piccolo riccio che beve da una pozza d' acqua, con la sua linguetta rosa salmone, oh, meraviglia!"

(Luciana Marinangeli, Vivere sereni)



venerdì 12 agosto 2011

Sei pronto?

Sei pronto a soffrire in cambio della certezza d' esser vivo?
Per una stilla di tenerezza, ma impagabile, indimenticabile, in estemporanea eternità?
No, vero?
Assecondare un amore impossibile -sapendo perfettamente che quasi ogni amore è a termine, perché l' hai provato decine di altre volte sulla tua pelle-?
No, vero?
Eppure, l' anima che tende alla bellezza, dovrebbe saperlo fare senza esitazioni, né timore. Gli umani non osano mai dirsi e darsi abbastanza: si temono, vicendevolmente sempre un po' sospetti, tremanti.
Esprimersi pensieri, stringere una mano, abbracciarsi perché umani.
Anche se tutto quel che si dice non è che il debole riverbero di qualcosa di più vasto, cosmico, universale.
Esiste un legittimo e comprensibile pudore nel denudare di fronte all' altro la propria anima, anche quando ritieni d' aver intuito che egli la possa vedere, la voglia guardare, la trovi deliziosa. Amare richiede coraggio, esige lo sforzo di scalpellare i duri sedimenti del cuore di un altro, il cuore del sasso, ma è il solo modo di fornire un significato pregnante all' esistenza.
La vera maestria dell' amante sta nel saper cristallizzare la bellezza nell' effimero istante in cui essa ammalia e lasciarle corroborare l' anima per l' eternità.

***

"Ho visto morire un uomo la cui vita era stata tutta amore e dolore. L' ho udito scherzare come un fanciullo, mentre sentiva dentro di sé il lavorio della morte. Ho visto il suo viso cercarmi tra le pene, non per chiedere l' elemosina, ma per darmi forza e mostrarmi che quelle convulsioni e quei patimenti avevano lasciato intatto il meglio di lui. Poi i suoi occhi si dilatarono e per lo splendore non si vide più il suo viso sfiorito.
'Boppi, posso fare qualcosa per te?'
'Parlami... non so, per esempio, del tapiro."
Gli parlai del tapiro: egli chiuse gli occhi, eio facevo fatica a raccontare perché avevo il pianto in gola. Quando mi pareva che non mi ascoltasse o si fosse addormentato, ammutolivo: egli invece riapriva gli occhi.
'E poi?'
Continuavo a parlare del tapiro, del barbone, di mio padre, del cattivo Matteo Spinelli, di Elisabeth.
'Già, ha sposato uno stupido. Così va il mondo, caro Peter.'
Più volte si mise a parlare della morte.
'Peter, non è un gioco. Nessuna fatica è così grave come quella di morire. Ma si riesce anche in questo.'
Oppure: 'Quando cessano le sofferenze, posso anche ridere. Per me vale la pena di morire, poiché mi libero di una gobba, di una gamba troppo corta e d' un fianco sbilenco. Nel caso tuo, a suo tempo, sarà un vero peccato, con queste spalle larghe e le tue belle gambe sane.'
Una volta negli ultimi giorni si svegliò da un breve sonno e disse a voce alta:
'Non esiste il cielo come lo intende il parroco. Il cielo è molto più bello. Molto più bello.' "

(Hermann Hesse, Peter Camenzind)




lunedì 8 agosto 2011

Le due porte

"Tu mi domandi che cosa si possa fare di fronte a questa noia di vivere; la cosa migliore sarebbe, come dice Atenodoro, buttarsi negli affari e nella politica.
Vedi quanti passano la giornata all' aperto, per allenarsi e curare il proprio fisico; gli atleti, poi, dedicano la maggior parte del tempo a potenziare i muscoli, che è, del resto, il loro impegno principale; così, per noi, che ci prepariamo alle lotte della vita, la cosa di gran lunga maggiore è dedicarsi all' azione. Infatti, se si nutre il proposito di rendersi utili ai cittadini e all' umanità intera, chi si è dato anima e corpo all' azione, amministrando, secondo la propria capacità, le cose pubbliche e private, vi trova il mezzo per esercitarsi e perfezionarsi.
Tuttavia, prosegue Atenodoro, poiché fra tante ambizioni umane, a causa di calunniatori capaci di stravolgere quanto si fa di bene, l' onestà è sempre minacciata e i fallimenti sono destinati ad essere sempre più frequenti dei successi, è meglio ritirarsi da ogni impegno pubblico e sociale. Un animo grande trova modo di esprimere sé stesso anche nella vita privata, e se è vero che la furia aggressiva dei leoni e delle fiere è frenata dalle sbarre delle gabbie, questo non avviene per gli uomini, che compiono le azioni più grandi nella vita ritirata.
Si stia pure appartati, ma in modo tale che, ovunque ci si tenga nascosti, si possa continuare ad aiutare i singoli e la collettività con l' intelligenza, la parola, il consiglio. Allo Stato non sono utili solo quelli che presentano dei candidati, difendono gli accusati, discutono di pace o di guerra, ma anche quelli che educano i giovani; quelli che, in così grave mancanza di buoni insegnamenti, ispirano la virtù negli animi; quelli che cercano di fermare la corsa verso il denaro e il lusso o, almeno, la frenano; un simile uomo così facendo, anche se privato, rende un servizio di pubblica utilità.
Ritieni forse che il pretore che giudica le cause fra stranieri e cittadini, o il pretore urbano che pronuncia le sentenze emesse dall' assessore compiano opera più importante di chi insegna che cosa siano la giustizia, la pietà, la tolleranza, la forza d' animo, il disprezzo della morte, la conoscenza degli dei e quale grande bene e gratuito sia per gli uomini l' avere la coscienza in pace?
Se tu, quindi, dedicherai allo studio il tempo sottratto ai pubblici uffici, non avrai né trascurato né dimenticato il tuo dovere; è buon soldato non solo chi si batte in prima linea per difendere il fianco destro o sinisro, ma anche colui che fa la guardia alle porte e svolge un servizio di sorveglianza meno pericoloso, ma non meno utile, fa i suoi turni di guardia e presiede al deposito delle armi: questi compiti, anche se non comportano pericolo per la vita, rientrano tuttavia nel numero degli obblighi mlitari.
Se tornerai agli studi, eviterai la noia della vita, e non aspetterai la notte perchè la luce ti dà fastidio, né ti sentirai di peso a te stesso e inutile agli altri; molte persone ti diverranno amiche e saranno i migliori a venire da te. La virtù, per quanto nascosta, non rimane mai ignorata, ma si rende manifesta: chiunque ne sarà degno ne scoprirà le tracce.
Se tronchiamo ogni rapporto sociale e rifiutiamo il genere umano e viviamo ritirati solo in noi stessi, a questo isolamento, privo di ogni prospettiva, seguirà l' assenza di attività sociale. Ci daremo prima a costruire e poi ad abbattere edifici, ora a ricacciare indietro il mare e far deviare i corsi d'acqua, a dispetto delle leggi di natura, sprecando il tempo che la natura ci ha dato.
Il tempo: alcuni lo usano con parsimonia, altri con prodigalità; c' è che lo usa con coscienza e chi lo spreca del tutto, che è la cosa più turpe che esista. Spesso, un vecchio carico d' anni non ha altra prova per dimostrare di essere vissuto che contare i suoi anni."
(Seneca, La tranquillità dell' anima)

Dieci anni fa la lettura di Seneca m' infondeva forza. I suoi sono concetti semplici, solidi, ragionevoli, potenti. Non ho avuto mai alcun dubbio sul fatto d' essere una stoica, dall' impianto di valori piuttosto essenziale e monumentale , sostanzialmente impermeabile alle leccornie del mondo, che trovo massimamente noiose e dozzinali. I miei desideri non hanno mai avuto natura materiale, ma sono sempre stati, piuttosto, rifrazioni un po' poetiche di un' immaginazione tesa sostanzialmente ad ideali filantropici, in cui il massimo del piacere era rappresentato dalla sintonia con simili.
Beh, ora è diverso il mio modo di sentirmi.
Rimango "stoica" nell' accettazione dei casi della vita, delle bizze della fortuna, del mio destino genetico -che mi ha dotata della maledizione di una schiena che paga tutto lo scotto della conquista umana della stazione eretta-, e nella sostanziale indifferenza verso l' incertezza del mio futuro.
Ma alla forza pubblica della virtù non credo più. Io penso che la virtù sia stata estromessa dagli umani progetti e dalle umane considerazioni. Ritengo che non interessi più a nessuno, nel modo più assoluto, e che il suo stesso concetto sia sbiadito finanche nel linguaggio. Ciò è evidente nella politica come nei rapporti infraumani.

"Senza un avversario la virtù marcisce" , ed oggi l' avversario è aleatorio, subdolo, strisciante. Ciascuno di noi smentisce con i fatti ciò che sogna o che afferma di ritenere giusto e bello. Nel pubblico e nel privato.
Non c' è virtù senza integrità, e bisogna procedere per paradossi e negazioni cercando anche la più elementare delle verità.



Joseph Mallord William Turner
Castello di Dolbadern

Come quel tale che giunge davanti al palazzo, desideroso d' entrare, ma due sono le porte e soltanto una è quella giusta. Sono controllate da due guardiani: uno che dice sempre il vero ed uno che dice sempre il falso, ed è possibile porre una sola domanda. Ma come porla in modo tale che riveli la verità?


venerdì 5 agosto 2011

Peso osceno e sublime



E' una sconcezza soffrire tanto. E per niente. Solo per sapersi viva, per misurare l' abisso sconfinato di dolore che il tuo piccolo corpo bianco riesce ad ospitare ed alimenta, sospiro su sospiro.
Hai paura.
Hai paura della mostruosa capacità di sofferenza, e sopravvivenza, di cui dai prova. 
Non c' è ragione di sopportare, che cosa induce a farlo?
Qualche foto, beffarda, in cui sorridevi? Un fogliettino quadrettato con un disegnino di bimbo ed il tenero messaggio "ti voglio tanto bene, mamma".
Ah, sono trascorsi secoli da che hai provato un pizzico di gioia. Ora va evaporandone anche il già debole ricordo.
Gli uomini, le donne, i cani, gli alberi, ogni cosa è indifferente, pare impietrita, posta fuori di te, a misura della tua irrilevanza.
Il tuo amore rimbalza sulle loro dure superfici e si sgretola al contatto, rimane pulviscolo disperso nel vento. 
Forse soltanto lui, con quel suo sguardo felino orientale, vede l' agonia della tua povera anima: ti fissa, con solennità ed insistenza e posa sulla tua mano i suoi ruvidi baci. Sei tu, gatto, la più umana delle conoscenze.

Getta nell' etere inutili parole: nessuno vorrà mai sapere se siano false o vere. Prova ad alleggerire il tuo osceno peso, l' incapacità di vivere, gli scherzi della tua sorte: forse, per un istante, ti sottrarrai ai morsi feroci della tua tristezza ed all' orribile disgusto che ti asfissia.

***

Massì: è colpa tua, e del tuo adagio, di cui conosco nota su nota, da sempre. E' colpa tua, dannato di un Rachmaninov, mortifero possente spirito d' un russo.

mercoledì 3 agosto 2011

Appunti irrilevanti

* 1
Se dovessi rappresentare figurativamente la contraddizione, la vedrei efficacemente colta in una creatura da bestiario mitologico o medioevale con corpo di serpente in perenne muta e due teste, una per estremità.
Il punto di crisi avviene quando, nel corso di piroette, contorsioni, gioco di spire,   una delle due facce casualmente si avvede dell' altra, e riconosce sé stessa in uno specchio deformante.
Ciò che ci deve augurare è che la divori seduta stante, perché un solo corpo non le può servire entrambe.

Perciò, perché mai sentirmi amareggiata?
Non ho diritto alcuno a farlo: ho sempre sostenuto che sentirsi in perenne credito di diritti è un' aberrazione bella e buona, come qualsiasi altro atteggiamento spocchioso di lesa maestà.
Sono una povera cosa, e se provo delusione per qualcosa - o per tutto-, la causa prima sta nel mio stesso originario errore di valutazione e nella presunzione.
Giacché tutto è sempre soltanto quel che è.
Anche prima che io me ne avvedessi l' oggetto della delusione era quel che si è rivelato essere -in rapporto a me ed alle mie sciocche aspettative-, ma ho preferito vederlo diversamente, non calcare l' indagine, scivolare sulla superficialità inciampando su un qualsiasi piacere, seppur dell' anima.

Se oggi dovessi piangere l' assenza di un Amore nobile e grande, o un' Amicizia dolce e bella, molto semplicemente dovrei ricordare che non li ho perché, probabilmente, ne sono io indegna, oppure non esistono che nell' idea.

* 2
L' anziano signore dei 'colloqui dall' area cani', stamattina, era, stranamente, logorroico. Dico 'stranamente', perché in genere la gente sconosciuta risulta recalcitrante a proferir verbo, a meno che non sia un po' annoiata oppure trovi un pretesto per parlare di sé stessa, attraverso uno spunto comune.
La cinofilia, infatti, incoraggia sempre gli umani alla chiacchiera scontata: si comincia con il raccontare anedotti sulle proprie bestiole e si prosegue poi con l' allargamento delle narrazioni alla propria vita personale.
Tutti i vecchi con cui ho parlato in questi ultimi mesi sono di condizione economica abbiente: pensione decorosa o importante,  casa in città ed in montagna, figli ben sistemati, ottima salute, molta energia vitale, nessun interesse politico o civico.
Sarà un caso, ma mi spiazza.
Credevo che i miserabili fossero una moltitudine.
Invece siamo quattro cani.



lunedì 1 agosto 2011

Ad un ragazzo, forse Fedro, in attesa del suo Platone

Ma come faccio a dirti, ragazzo-ventiduenne-con- il- cane-di-nome-Ettore, che l' Iliade, che tanto ami, è il poema della guerra proprio perché parla della vita.
La credi un racconto di eroi, e com' è giovanile e fresca la tua ingenuità...
Se sarai abbastanza vicino agli dèi, da uomo,  sì da riuscire a vederla anche dall' alto, in ampia prospettiva, te ne renderai conto: dovrai guardare uno sterminato campo di battaglia, disseminato di moribondi gementi.
E' quella, la vita degli uomini.
Eppure, soltanto in quel caso potrai capire le lacrime di Xanto e Balio.
Non so se sia più crudele augurarti la visione della verità o l' illusione che io sbagli.

Io non ho cuore di dirtelo ora, e se pur ne avessi il coraggio tu non mi crederesti.
Troppa gente si trastulla con intellettualismi, ma la maggioranza degli intellettuali gioca con le idee e, quasi sempre, bara.
Tu diffida, diffida sempre.
Cerca da solo la radice della verità, scava, e, quando l' avrai trovata, sostienila, anche se peserà.

Così taccio, per ora, come sempre più spesso ho imparato a fare, conscia della doppia natura delle parole, che non valgono nulla oppure svelano repentinamente l' anima ed uniscono gli uomini dall' udito fine e scaltro.

***


" [...]
Perché non supereremo niente, in noi e nella nostra epoca, se accettiamo, anche per poco, di dimenticare le nostre contraddizioni, di utilizzare nelle battaglie dell' intelligenza gli argomenti ed un metodo del quale poi respingiamo le giustificazioni filosofiche, se accettiamo di liberare l' individuo in teoria e poi in pratica ammettiamo che a certe condizioni l' uomo possa essere asservito, se accettiamo che ci si faccia beffe di tutto quello che rappresenta la fecondità e l' avvernire della rivolta in nome di quanto, al suo interno, aspira alla sottomissione, se infine crediamo di poter rifiutare qualunque scelta politica senza smettere di giustificare che tra le vittime alcune siano citate all' ordine della storia e altre siano esiliate in un oblio senza età. Questi accorti distinguo, per concludere, schiacciano quella miseria che si proclama con gran fracasso di voler servire. Non combatteremo, ve l' assicuro, gli insolenti padroni di oggi facendo distinzioni tra schiavi e schiavi.
...]
(Albert Camus, Révolte et servitude, "Les Temps modernes" giugno 1952)

***