martedì 24 aprile 2012

Nostalgia di un'etica




Due tra gli atteggiamenti dell'anima, o della coscienza, che sono ormai definitivamente invisi e generalmente considerati negativamente arcaici (che fanno: rendono barbari? anti-progressisti? E il progressismo è quella cosa che ci ha condotti al punto in cui oggi siamo, sotto tutti i vari, dolenti, punti di vista? ) sono la nostalgia e il  moralismo.
Ora,  questo giudizio è un' estesa moda, dal potere persuasivo e terribilmente formale.
Nostalgia, moralità: sono soltanto parole che rimangono insignificanti se non contestualizzate.
Stare abbarbicati al passato, riandando con la mente ai 'bei tempi andati'e sottrarsi alla responsabilità del presente evitando faticose e talvolta coraggiose scelte, è certamente un ottimo sistema per glissare la condanna alla libertà che, volente o nolente, il singolo deve gestire nella sua particolare vita. Una prerogativa dei vecchi e dei vili.
Ci sono i monarchici nostalgici, i mussoliniani nostalgici, i sessantottini nostalgici.

Ma quando provo a recuperare, in me, le sensazioni che davano sostegno, corpo, energia, motivazioni, alla mia vita passata, sto compiendo un esercizio di memoria, non una caduta nostalgica, e la constatazione di averle perdute e di non poterne più emulare l'intensità  con gli strumenti, le opportunità, lo stato oggettivo delle cose, le persone che contatto, non è rimpianto, ma obiettiva e razionale constatazione di un'assenza, di un vuoto mai colmato.

Certo: si cambia si cresce. (Ci si deteriora pure, ad onor del vero).  Lo so bene. Ma è importante capire perché.
Perché, oggi, ad esempio, nessuno prova più la viva passione che infiammava coloro (noi) che scrivevano, poetavano, cantavano o  cercavano, attraverso teorizzazioni politiche e sociali, una società alternativa?
Nell'amoralità sbandierata come uno stendardo da crociata laica , l'amoralismo  di allora -che in realtà voleva essere una risposta alla rapace ipocrisia di un progetto di mondo che preparava l'odierna globalizzazione- era tutto l'amore di una generazione che pensava di poter resistere e proporre un'alternativa; c'era un' etica, nobilissima e rispettabilissima, in conclusione, ma diversa da quella imperante.
A sforzarsi di conoscerla nella sua autentica formulazione -per inciso-, la più nobile, equa e rispettabile etica umanitaria l' hanno concepita Marx ed Engels e la "migliore gioventù" degli anni 70 vi si ispirava.
Poi, è nella natura umana non saper sostenere neppure i più luminosi sogni quando  gli appetiti del corpo  pungolano e l' esaltante sentimento del noi viene soppiantato dal più circoscritto io.
Così, occupati a comprar casa, automobile, far carriera, metter su famigliola, impelagarsi in mille orpelli e cose e cento circostanze d' obbligo formale, la vita s' è ristretta nel recinto privato ed il noi è rimasto solo.



Ho nostalgia, stasera. Nostalgia di un'etica.


3 commenti:

  1. Vero, amica mia
    Oggi tendiamo a “navigare”, come suol dirsi di internet. Si sta in superficie su tanti aspetti della vita, e c’è l’ineducazione, l’inabitudine a tuffarsi, ad approfondire, a muoversi nella profondità delle vicende; viene preferita una apparente maggiore dinamicità d’orizzonte. Un’orizzontalità che conduce in tanti luoghi, ma in nessuno si radica.
    Questa approssimazione finisce col banalizzare anche le riflessioni, i concetti, i significati delle parole. È positivo quando all’etica si cancella l’”e” maiuscola in nome di una etica a dimensione umana e dibattuta. È negativo quando ogni etica relativa viene affossata da un relativismo insofferente a ogni valore condiviso o condivisibile: un gioco al ribasso nel quale siamo tutti equiparabili a un puttaniere nel teatrino del burlesque.
    Brutta società quella dove la morale viene osteggiata e calunniata, appiccicandole addosso le credenziali false del moralismo.
    Soprattutto mi è piaciuta la tua considerazione sulla mancanza, che può essere anche nostalgia. Anche qua è davvero penoso osservare con quanta banalizzante convinzione molti individui etichettino di disfattismo, pessimismo, polemica addirittura, coloro i quali constatano lucidamente, realisticamente, un vuoto, un’assenza, una perdita.
    Indipendentemente dalla possibilità o voglia di reagire, quello è un dato di fatto. Concretezza che destabilizza chi ormai cresce solo nella navigazione del “mi piace” o zitto, perdendo la dimestichezza a chiamare i fenomeni col loro nome.
    Ed essere nostalgici può diventare un crimine, tranne che nelle trame dei film.

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    1. Perché tutto è in vendita, legittimamente intendiamoci, e chiamare le merci con il loro nome è "giudizio", un gioco al ribasso in cui se non sei nichilista devi necessariamente essere moralista.

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    2. Grazie ad entrambi, amici, per questi vostri preziosi sviluppi.
      Sono felice di incontrare ancora, tramite voi, autentici combattenti del pensiero, un'altra particolare Resistenza.

      @giovanni:
      del tuo ultimo post sottoscrivo ogni tua considerazione: da ciò puoi evincere l' inutilità di un eventuale commento che non avrebbe aggiunto nulla. Ma qui, invece, posso esternartelo, in serena confidenza.

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