domenica 14 aprile 2013

Fatalmente, senza tregua

Le pareva che l'intero universo che lei conosceva  avesse deciso d'abortirla, come fosse un feto asfittico ed inadatto alla vita,  ed anche come se vi fosse ragionevole motivo per supporre che l'avrebbe fatto pure la restante parte di quello che lei non conosceva.
 
Evidentemente, si trattava di una cosa possibile, per quanto stravagante, una cosa possibile che rimaneva inspiegabile. Era possibile perchè le succedeva, come confutarne la verità?
 
Come ogni creatura che respira sulla Terra lei era sostenuta da un cieco e potente istinto ferino di sopravvivenza, ma non c'era cellula del suo corpo che non sapesse perfettamente che ciò, nella logica asettica, era esecrabile e per lei enormemente dannoso.
Come sempre accade la soluzione del più ostico degli arcani ha parecchie probabilità di trovarsi esattamente davanti, a portata immediata di mano e d'intelletto, ma la morbosa passione tipica negli umani di meravigliarsi e giocare alle complessità cervellotiche, puntualmente tende ad allontanarla.

E' da idioti illudersi che la verità non sia quasi sempre incresciosa, così come sperare che fissare il sole  non ferisca gli occhi.
A volte la verità è talmente scabrosa, e la sua luce così vivida e bruciante, da indurre alla disperazione, da condurre la vita di chi ne è investito o coinvolto verso la totale catastrofe o minacciarne l'uscita di senno.

La custodia di certa verità può condannare all'esilio  forzoso dal mondo. Sono verità impossibili, stupefatte, annichilite, incomunicabili.  

Così era stato per lei, così continuava ad essere.
Non c'è solidarietà d'anime che possa sottrarci all'ostinato pedinamento cui talvolta  ci costringe il dolore.

Forse, se solo esistesse, potrebbe l'Amore perfetto.
 


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