venerdì 26 luglio 2013

Nottetempo -3-

- Riecheggiano nella scatola cranica i milioni di "Mi dispiace" con cui gli Indifferenti-in-realtà, cercano assoluzione alla loro stessa vacuità sentimentale ed alla loro stessa costipazione di egoismo dei quali l'ormai esausto sfilaccio di onestà intellettuale che ancora in sé ospitano mantiene morente memoria.
Fa più male questo loro escamotage equilibrista d'ipocrisia, che la sincera ed oggettiva noncuranza senza parole.
 
- I rispettivi drammi personali rimbalzano sui muri di gomma degli egoteismi metropolitani. Perfino l'odio sarebbe più consolante e vivificante.
 
- Inevitabile vivere senza riversare su oggetti amore od amicizia, e sperare di venirne conseguentemente oggettivato da qualcuno. Per somma ironia, l'amore muore sempre e l'amicizia risiede nell'olimpo delle idee.
 
 
 
 

lunedì 15 luglio 2013

Le altre morti


Ho smesso ormai da tanto tempo di fissare le foto  ed aspettare che mi sorridano, o mi parlino. 

Dopo la morte di mio padre – ed ormai son trascorsi vent’anni - ne  avevo consumato con gli occhi  l’immagine, con l’assoluta certezza di trasfondere così  interi pezzi della mia anima – che immaginavo gassosa e di forma sinusoidale -, straziata dalla perdita, in preda alla frustrazione dell’irreparabile assenza.

Aspettavo ed aspettavo un cenno di presenza, una qualsiasi risposta di rimando a quello sforzo di volontà immane e caparbio.

Le pagine del mio grosso quaderno di pergamena, spesse e dai bordi frastagliati, avevano accolto migliaia di parole-gancio, con le quali ero pateticamente decisa a  trattenerlo a forza  nel mondo dei vivi.

E’ amaro, sempre, toccare con mano l’irrilevanza sostanziale della nostra volontà di incidere e stravolgere le realtà a noi superiori.

 

Se l’esperienza insegna e costringe a modificare i comportamenti, l’indole rimane inalterata: alla minima distrazione si ricompone e si manifesta nelle sue originarie caratteristiche.

 

Così, ogni qualvolta qualcuno che amo  - o per me significativo - muore, io, d’istinto, ne ricerco qualche effigie da scrutare (stavolta senza confessarmelo apertamente)  nell’illusoria reiterata speranza di non permettere che il filo invisibile del pensiero e della memoria lo distacchino irrimediabilmente dalla mia vita.

 

Sempre subentra il rimpianto di non aver detto o fatto tutto ciò che avrei potuto, o dovuto, prima.

 

Non c’è altro modo di sconfiggere l’effimero se non trovando il coraggio di amare, di dire, di essere per tempo quel che si deve, in quel preciso e fuggevole momento.

Persi nelle infinite nostre necessità di trascendenza viviamo sorvolando con  ali d’ignavia la nostra stessa vita.

giovedì 11 luglio 2013

Serendipity

Il cinico:
Se rapportarsi ai propri simili, dato per assunto che non è possibile stare nel mondo organizzato evitandolo, significa trangugiare massicce dosi d'amarezza e di tedio mortale, utile sarebbe limitarsi ad approcci sociali esclusivamente omeopatici.

Lo stoico:
Purtuttavia, ciò non solleverà in alcun modo dal dolore di fondo del vivere, che rimane comunque macigno nella mente e nel cuore. Fino all'ultimo. S'ha da diventarne avvezzi ed attribuirgli la virtù, andandone fieri. Ciò nutrirà il Dio che pensiamo abiti in noi.

La Filosofia ha tratti spesso a dir poco buffoneschi.


- E che cosa, poi, arreca tanto dolore metafisico, in sintesi?
- Sapere quanto sia inevitabile ritrovarsi a contemplare puntualmente, dopo ciascuna disillusione, la propria solitudine, la propria inettitudine a comunicare fino in fondo quello che si è, nel mentre, come in uno stillicidio, si cerca di decodificare la propria stessa consapevolezza d'essere.
- Ma siamo tutti soli, tutti! TUTTI!
- Banale, sì. Solo che io non posso tollerare di fingere di non esserlo, come vedo fare a tanti, presi come sono ad illudersi che le cose e le situazioni su cui hanno abbarbicato le loro sicurezze ed i loro pretesti di esistenza siano solidi puntelli a difesa della vertigine del dubbio di non stare esattamente vivendo.

E rimango perplessa dalla mia stessa bassezza morale, che mi insinua una serpeggiante punta d'invidia per la loro capacità di mettere ordine nel caos della coscienza.

Certo, loro han ragione ed io rimango irrisolta,: un pezzo sfornato con ammaccatura all'origine. Ostinatamente predestinata all'aleatorietà ed alla ricerca di soddisfacenti risposte.
Il troppo desiderio di conoscenza è un vizio grave, così come la piccata puntualizzazione dei dettagli, nell'oscena ricerca di una smagliante bellezza, della beatitudine.
Oh! Serendipity! Da che ho smesso di crederci, la morte si fa più sfacciata,...