sabato 4 gennaio 2014

Pretesti

Ma quanto siamo tutti magnanimi.
Nella festa orgiastica che quotidianamente allestiamo in onore del nostro stesso io, noi tutti, profeti del più impudico ed osceno individualismo, che miserabilmente confondiamo con la libertà, minimizziamo l'infame peccato d'idolatria - misura della nostra autentica pochezza -, a suon d'alibi e perdono delle nostre stesse colpe.
L'altro non è che un pretesto nebuloso di necessario contatto con quanto abbiamo già deciso a priori d'escludere dal nostro mondo.

 L'altro, in fondo, non è che un diversivo, una momentanea escursione, frettolosa e breve, mentre già agogniamo a rientrare dopo il primo passo. Gli scuri, appena socchiusi a consentire l'immissione di un po' d'aria fresca nelle nostre anguste, private, un po' malsane stanze interiori.
Afrore morboso, morbo della fame d'essere.

*

Quel poveraccio l'han trovato morto, al buio ed al freddo della sua casa cui avevano tagliato i fili per insolvenza.
Solo.
Solo come un uomo.
Non è stupefacente, in quest'epoca in cui ognuno starnazza proclami sulla giustizia sociale e s'indigna e twitta stronzate pseudo-filosofiche e pseudo-umanistiche e pseudo-politiche e pseudo-e-basta, che un uomo muoia da solo, di freddo e d'angoscia, senza avere nessuno al mondo da cui ottenere aiuto, nessuno da salutare, nessuno che lo cerchi?
In fondo non  lo è: chi proclama lo fa sui propri casi, le rivoluzioni son tutte settarie e di classe, da tempo immemore il dolore dell'esistenza è segregato nelle oscure stanze sotterranee delle vicende personali ed ormai incomunicabili.
La comunicazione è una necessità, ma non ci emenda dal nostro becero ed orribile egoismo .


 

2 commenti:

  1. A volte mi piacerebbe vivere l'altro come qualcosa che non sono io. Invece insisto a sentirmi l' arto fantasma o il corpo mutilato. Quando amo, quando nelle relazioni metto il respiro.
    L'altro, per me, è ancora nutrimento.

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    1. Appunto, sì.
      Quasi sempre ha il retrogusto amaro, perché sa di menzogna, o di autoinganno.

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