mercoledì 9 aprile 2014

Non so spiegare efficacemente, in questo momento, quanto io mi senta, di fatto e volontariamente, estromessa dalla vita.
Lo sono con enorme dolore, con sopraffino piacere.
Da quella degli altri, dalla mia stessa.
Mi piacerebbe attribuirne la causa alla depressione, ma a me stessa non mento, tanto più che nulla mi fa maggior orrore delle menzogne.
Infatti, io depressa non sono: la questione è tutta oggettiva perché ho un'esistenza assurda, con ritmi da schiava imposti dall'obbligo della sopravvivenza, frequentazioni deludenti e miserabili, ed un cuore inaridito e freddo in cui il sangue delle ferite s'è rappreso in un labirinto di cumuli che lo rendono inespugnabile all'intero universo, e la vera questione di cui non mi capacito è perché mai mi risulti tanto ripugnante pensare che in fondo basterebbe, semplicemente ed in modo risolutivo, cessare.
Quest'ultimo è il vero desiderio, ma io so da tempo che i desideri sono effimeri, come qualsiasi altra cosa che riguardi gli umani. Diffido di essi, perfino dei miei.
 
"Dove non si può amare, bisogna passare oltre"
Ma basterà l'ultimo spicchio di vita per capire in che direzione avrei dovuto andare?
Comincio a guardare la luna senza provare più commozione, ed allora capisco che non serve agitarmi, che l'inconosciuta verità lavora occultamente da sé, e mi condurrà per mano, dolcemente e senza sforzo, là dove vogliono il mio cattivo sangue ed il mio destino.
 
 

17 commenti:

  1. Comprendo anche troppo bene questo tuo stato d'animo. E' da diversi anni che mi sento più o meno così. Sappiamo bene che non serve cercare futili consolazioni. Bisogna solo passarci attraverso e senza nessuna garanzia che ci sia qualcosa dall'altra parte.
    Ormai non c'è giorno che non pensi anch'io a quanto sarebbe facile cessare, ma il fatto è che non è facile per niente. C'è la paura e c'è il desiderio, questo barlume di speranza non si sa bene in cosa. Da parte mia so che probabilmente non sarei stato felice mai, anche se le cose mi fossero andate diversamente: certe tare provengono dalla nascita. Dunque non c'è differenza.
    Sto imparando a non prendermi sul serio, neanche nella sofferenza. E' una strategia come un'altra. Non è facile. Questi stati d'animo nascono da nature fortemente passionali e fortemente frustrate. Tutto o niente è il nostro motto. Non possiamo addomesticarci più di tanto. Ho smesso da un po' di cercare soluzioni. Vivo attraverso i giorni, seguendo, come dici benissimo tu, il mio cattivo sangue e il mio destino. Ciao Morena

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    1. Mi stupisci, Massimo caro: mi conosci, mi riconosci, pur attraverso immateriali parole
      Ciò mi reca una sorta di sollievo a dispetto dell'assenza di soluzioni, come ben hai osservato tu.
      Ma come siamo fatti, noi umani, e perché mai è così potente ed invincibile questa aspirazione ad una cosmicità che finisce per schiacciarci nel perenne rimpianto di non farsi raggiungere...
      Un abbraccio.

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  2. sursum corda! Quand'ebbi ancor giovane quelle tristezze e fatiche del vivere che ti implodono dentro e non ti fanno dormire per giorni di seguito, che nenneno i barbiturici riescono a sedarti l'ansia addosso, uno psicoterapeuta cileno, appena scappato dalle stragi del suo Paese, attivista politico, che aveva intravvisto la morte a centimetri dalla sua vita, dopo avermi pazientemente ascoltato, mi invitava a guardare il sole, a guardare la luna e a tenere i piedi per terra. Era un insegnamento che ancor oggi tengo presente, come un mantra. Staccare il pensiero dalla mente, non ascoltare il suo rumore... si chiama effetto larsen quando il microfono "sente" l'altoparlante e fischia. Puoi chiamarlo loop o feedback: è la stessa cosa. E' un compiacimento autoamplificato, una indebita operazione del pensiero. Più zen per tutti! Stacchiamo la spina. E nutriamo per bene il nostro corpo e il nostro spirito: la primavera lo richiede! Lo so che non convincerò nessuno, ma ci credo, perchè ogni tanto m'inciampo, ma poi... guardo la luna e non il dito. Certo il sole, con gli occhiali scuri!

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  3. Grazie per il consiglio, ma come si fa a staccare il pensiero?

    Stefano

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    1. ci sono tanti sistemi. Meditazione, arti marziali (ognuno trova la sua qi gong, tai chi per me sono le più adatte. Tecniche millenarie per l'igiene della mente). E' importante trovare bravi maestri. Ma, più semplicemente corsa, nuoto, attività fisica. Dimmi se, dopo esserti sfinito, hai ancora il pensiero che sfarfalla indebita-mente (qui la nostra bella lingua mi ricorda la deutsche sprache).... Mi fermo qui. Credo di averti dato qualche suggerimento. A presto g.

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  4. Ciao Morena,

    sentirsi estromessi dalla vita non deve essere una condizione spiacevole (ma forse la tua è una forzatura). A me viene in mente “Finale di partita” di Samuel Beckett, quell’atmosfera da day after, da fine della Speranza, da estromissione dalla vita appunto, che rovescia la disperazione in una particolare forma di sollievo, in una declinazione della felicità, in un limbo ristoratore (davanti a me solo il nero / finalmente / ho finito di scorgere / quel seme all’orizzonte che doveva crescere). Invece io penso che le persone “come noi” siano irrimediabilmente implicate nel vivere, in una forma di amplificazione spasmodica caso mai, anche quando stiano sdraiate sul letto a guardare il soffitto.
    Francamente penso che la vera utopia sia quella di “cessare”, poiché la vita è eterna e non ci sono abdicazioni possibili. Ecco, a loro modo hanno “cessato”, continuando a vivere, i protagonisti del dramma di Beckett. Ma erano immaginari. Fra parentesi parlo di dramma ma a me “Finale di partita”, per i motivi già esposti, ha sempre trasmesso un senso di euforia.
    Resta la questione di come salvarsi la vita. Te la giro in forma di domanda. Per quanto mi riguarda non credo manchino le risposte, il problema è che se sono di tipo cerebrale, frutto di un freddo ragionamento, arrecano sì sollievo ma per non più di tre minuti e mezzo. Bisognerebbe dare una risposta istintiva, ma noi istintivi lo siamo?,(e poi per gli istintivi non esiste la risposta perché non esiste nemmeno la domanda), sbarazzarsi delle impalcature intellettuali, oppure farne stella fissa. Starsi vicino, riunire l’Arcipelago degli appartati in disgrazia. E poi distrarsi, con l’amore o con il chinotto.

    Un caro saluto, Stefano

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    1. Caro Stefano, quanto alla spinosa questione io pensavo alla creazione di un' Anonima Morituri tutta nostra, del tipo di quella raccontata con grande ironica allegrezza dallo scrittore finlandese Paasilinna in un simpatico romanzo in cui svariati individui, ciascuno dei quali aspirante alla cessazione per serie e ponderate considerazioni, si ritrovano in un viaggio scrupolosamente programmato per andare a morire insieme dopo un esilarante itinerario su pullman che tocca le più belle tappe d'Europa.
      L'incalzare della fine li sprona ad estrarre il loro meglio, in termini di valenza umana: ecco che coincide con il tuo "starsi vicino".
      Lo so, lo sappiamo, che il senso tutto dell'esistenza starebbe lì.
      Invece ci distraiamo sempre. Con l'amore e con il chinotto...
      A presto.
      Ciao

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    2. Ma come finisce il romanzo?

      Stefano

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    3. Cambiano idea, tutti quanti! Non se ne fa più nulla (sti inconcludenti alla fine epicurei! )
      Ti piace?

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  5. Beh, se il romanzo era ironico non poteva finire in altro modo

    Stefano

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  6. Non scrivi più?

    Stefano

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    1. Sto elaborando stupefatte osservazioni dal collo della bottiglia in cui s'è infilata l'esistenza. Però son viva, con coscienza palpitante, come quasi se la vita meritasse tanto lavorio e sciupio d'anima.
      Talvolta le bozze dei pensieri sembrano promettere un'intuizione risolutiva e mi accingo a prenderne nota senza trovarne il tempo, talaltra mi si presenta un guizzo di tempo senza che ricordi l'idea.
      Oh, Stefano, perdona il mio rodaggio di primavera! :-)

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  7. Il rodaggio è il rodìo di maggio? :-)

    Stefano

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  8. Però infilarsi in un collo di bottiglia è piacevole... da lì si vede tutto, dietro la seducente deformazione del vetro, che magari è anche colorato, e in più si è ben protetti!

    Stefano

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    1. eh, beh... ma io la storia della caverna di Platone la conosco bene! E' da tempo che non mi autoinganno più con le ombre! Questo caleidoscopio mi sta un po' stretto, mi toglie l'aria.
      Però grazie, Stefano, per i tuoi suggerimenti di diversa lettura delle prospettive. Ti stai lentamente rivelando un saggio.

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  9. Sono saggio con gli altri, verso me stesso sono un disastro!

    Stefano

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