giovedì 14 agosto 2014

Come tutti sanno la vera ebetudine non sta nel commettere qualche errore di giudizio, perfino madornale, ma piuttosto nel perpetuarlo dopo averne presa coscienza.

Ho deciso pertanto di esercitare la mia porzione di integrità nei rapporti -o nell'assenza di rapporti- con i miei simili, togliendo di mezzo i penosi alibi loro accordati al fine di evitare la recisione di quei sottili fili che reggevano insulse reminiscenze romantiche  prive di logico contenuto o affetto autentico: alcune stupide ed immediate reazioni di rimando, di carattere sostanzialmente mimetico, mi dimostrano che è cosa giusta e saggia.
 
Stamattina, percorrendo il mio usuale tragitto sulla bicicletta per recarmi al lavoro, osservavo i gruppetti di persone in attesa ad ogni pensilina del tram: tutte, nessuna esclusa, nonostante diversità d'età, etnia, tipo, e probabilmente fine e personalità, si interfacciavano con un telefonino, più o meno avanzato: ho provato un'orribile sensazione di glaciazione imminente ed al contempo un certo sollievo per via della fine della pantomima della comunicazione liturgica del nulla che in genere gli appartenenti al consorzio sociale pensavano di doversi reciprocamente.
Più avanti, sul marciapiede, una signora molto anziana con i ricciolini azzurri,  così anziana da stare  ripiegata a novanta gradi in quella che un tempo era stata la sua stazione eretta, appoggiata al carrellino ausiliario per la deambulazione,  era intenta a digitare qualcosa, a sua volta, sul suo apparecchietto mobile, davvero piccino, e strizzava gli occhi dallo sforzo per individuare i tasti: la sensazione successiva a quella glaciale è stata di scollamento del tempo; una cosa alla Dalì...
 
Nulla è più difficile del considerare l'altro davvero esistente. O almeno esistente quanto me. Anche perché l'altro non si cura molto di convincermi d'essere qualcosa di originale, definito e senziente, con qualche volontà e forma precisi, ardenti di fuoco interiore.
A me paiono tutti amebe avanzate, che tragedia.
 
 
 

lunedì 4 agosto 2014

Attacco di panico -2-

L'ebbrezza della generalizzazione: immagino sia altamente liberatoria ed in qualche modo pacificatoria per il pensiero.
E' necessario che sia affiancata da una dose massiccia di banalità: dev'essere popolare, ma offerta in modo tale che il popolino ne favoleggi qualche significato profondissimo a lui stesso incomprensibile (il popolino è abbastanza consapevole della propria miseria intellettuale, ma la considera fisiologica perciò non mortificante, e così si auto assolve ), oppure, per i presuntuosi ed i borghesucci tronfi di supponenza e schifati dai miserabili -rispetto ai quali non dubitano d'essere migliori-, deve costituire sostrato comune di classe (ripugnante slang del pensiero).

La vita vera, intanto, è, in primo luogo, assolutamente criptica ed inintelligibile fin ad ogni suo legittimo possessore, e per quelli come me pure faticosissima e crudele, indescrivibilmente infame e nauseante perché costringe a relazioni sociali, atti e preoccupazioni che ripugnano all'essenza dell' anima, mentre il senso del pudore che deriva dalla contemporanea conoscenza e consapevolezza delle tante, strazianti situazioni delle altrui vite impone il silenzio.
Così una miscredente quale sono io vive come un santo, in attesa del martirio finale, senza la grazia della rivelazione.

Come milioni di altre coscienze -milioni di monadi sofferenti-, non posso essere conosciuta, svelata, liberata dall'oppressione di un dolore per chiunque altro imperscrutabile.
Ciò è orribile ma non sorprendente e sta alle origini di molti miti ancestrali: eravamo avvertiti.

La sola valvola di sfogo è un tragico muto risentimento, indirizzato non già ai molti nemici impalpabili e sconosciuti, Potere, Sistema, Religione, o ai generici difetti umani, ma bensì agli sparuti individui conosciuti con cui hai parlato, sorriso, pianto, stretto la mano, amato, un po' vissuto, scritto, letto, in qualche modo interagito con la mente o con la carne.
Loro non possono fingere di non sospettare almeno vagamente chi tu sia.
E' la loro latitanza nella tua vita che misura con feroce precisione la sterminata miseria del mondo.